“Mamma mamma, quindi quanti giorni mancano a Dolcetto o Scherzetto? Ti ricordi quanto ho camminato l’anno scorso? Non vedo l’ora di rifarlo!”: sono queste le parole del mio bambino, di pochi giorni fa.
Non mi piace spiattellargli un problema, prospettargli un ostacolo, senza ipotizzargli una soluzione alternativa.
E soprattutto, vorrei che assorbisse questo modo di fare nella Vita. Lamentarsi un pò per le sventure è comprensibile, ma oltre questo… c’è sempre qualcos’altro di possibile.
Che poi si riveli peggio o addirittura meglio, questo lo sapremo solo in seguito. Intanto facciamo qualcosa.
Non si tratta di accontentarsi, si tratta di provare a gestire le condizioni nel modo più favorevole possibile, e lasciare il resto nelle mani…dell’ Universo, o se preferiamo dire, degli Eventi, del Puro Caso.
Si tratta di mantenere un atteggiamento attivo, anziché passivo. Creativo, anziché disfattista.
Alla fine credo che questo conti, più della situazione in sè. E’ vero che rinunciare a qualcosa di piacevole per via di qualche evento esterno e non controllabile è oggettivamente frustrante, ma per un bambino vivere un momento sereno e “creato” e “vissuto” insieme alle persone che ama, seppur semplice, seppur alternativo, è ugualmente appagante.
Perché percepirà che quel qualcuno si è occupato in qualche modo del suo piccolo-grande desiderio, con amore. E questo basta.
Basterà anche a fargli capire che “non tutto è perduto” è una legge universale.
Questo periodo di perdite e di distanze, è forse il migliore periodo per sperimentarla. Nonostante sia un periodo molto rischioso per le loro piccole menti (e non solo per quelle dei bambini) sta a noi tutelarli senza cedere ad ogni passo alla negatività.
Mi sono quindi presa del tempo per ipotizzare un Halloween alternativo, per il mio dolce bambino. E come spesso mi capita quando inizio a scrivere nel flusso creativo, le parole sono scivolate una dopo l’altra.
Ho sorriso, alla fine, immaginando che sì, avrebbe potuto funzionare.
Ho pensato allora di mettere a disposizione di tutti questa piccola caccia, perché condividere il positivo è la mia piccola mission.
la lettera iniziale da leggergli per dare inizio alla caccia!
una serie di 5 indizi-indovinelli: la soluzione da parte del bambino dovrebbe poi condurlo a cercare gli oggetti in questione (seguendo gli ambienti suggeriti dall’indizio stesso) che serviranno a creare il travestimento a tema.
la lettera finale da consegnare e leggere una volta risolti tutti gli indovinelli, che vi inviterà a scendere nelle vostre cantine (o box) agghindati con tutti gli oggetti suggeriti. Nella cantina dovrete aver preventivamente nascosto un pò di dolciumi!!!
Quando abbiamo posato Akù sulla soglia di casa per la prima
volta, oltre la quale c’era un bambino in attesa di una grande sorpresa, e
abbiamo aperto la porta… la scena non è stata simile a quello che avevamo
immaginato, cioè un cagnolino scodinzolante che correva ad esplorare e leccare
quel bambino e tutta la casa.
Non è andata così.
Il cagnolino è rimasto immobile sulla soglia, pietrificato.
Questa immagine mi ha fatto pensare a tanti bambini, al
primo incontro di un percorso neuropsicomotorio. Non tutti reagiscono così, ma
tanti sì, soprattutto i più piccoli. I più “cuccioli”.
Sapevo cosa stava accadendo.
Quel cagnolino era in uno stato di massima allerta, e di
massima angoscia.
Si trovava per la prima volta in una situazione
completamente nuova.
I bambini, cosa fanno di solito? Si rintanano tra le
gambe della mamma, o meglio ancora, le saltano in braccio.
Il mio cagnolino però, non poteva rinfrancarsi della
presenza di sua mamma, perché da lei era appena stato allontanato. Che Akù mi perdoni
per questo faticoso passaggio.
Sapevo che dovevo aiutarlo ad entrare.
Con estrema calma, delicatezza, l’ho preso in braccio
cercando di dargli conforto. E poi l’ho posato mantenendo una mano sulla sua
schiena e le mie gambe vicine a lui, perché sentisse calore.
In stanza di terapia invece, per fortuna, posso garantire
quel minimo di senso di sicurezza, lasciando che il bambino resti con la sua
mamma nel nuovo spazio, finché sente di potermi dare fiducia.
Di solito non ci vuole tanto, ma poco o tanto che sia, il
punto è questo: in presenza di uno stato di allerta, è fondamentale creare
un contesto in cui il cucciolo trovi, con i suoi tempi, un senso di sicurezza.
Di fatti, il senso di sicurezza è un bisogno primario,
ancestrale. Finché quello non è garantito, non ci può essere un’apertura, uno
scambio di fiducia, un’evoluzione né tantomeno apprendimento.
Una volta che la creaturina è stata portata dentro il
contesto, come capisco quando il bisogno di sicurezza viene appagato e lo
stato di allerta diminuisce?
La mia professione mi ha insegnato l’ OSSERVAZIONE DEI
COMPORTAMENTI SPONTANEI.
Osservo per esempio dove si pone, in quale
parte della stanza: rimane vicino alla porta o azzarda a spingersi oltre? Oppure
la sua posizione è strettamente dipendente da quella della sua mamma?
Akù per esempio, per la prima mezz’ora non è rimasto più
lontano di un metro dalla porta.
Un’altra cosa che osservo è cosa fa. Si guarda
in giro? Esplora la stanza? Esplora solo con lo sguardo o anche con il corpo,
andando a rovistare? Oppure, rimane semplicemente attaccato alla mamma, senza
volersi togliere le scarpe o la giacca?
Già queste informazioni fanno la differenza, e mi guidano nel mio comportamento.
Più il bambino sembra dipendere dalla mamma, mostrando uno scarso
interesse verso la stanza e verso i giochi, o mostrando una forte
chiusura quindi mostrando la ferma volontà di non spogliarsi neanche di
scarpe e giacca, più comprendo che l’allerta è molto elevata, allora la mia presenza e interazione sarà molto
discreta. La mia distanza fisica dal bambino sarà maggiore.
Viceversa, con un bambino curioso ed esploratore, mi permetto
di avvicinarmi leggermente di più e cerco una giusta misura di interazione.
Ho applicato lo stesso concetto col mio nuovo cagnolino: osservandolo,
balzava agli occhi quanto fosse inibito. Annusava timidamente i nuovi
personaggi della nuova casa. Inizialmente aveva un atteggiamento passivo,
statico: non esplorava. Non considerava minimamente i giochini che avevamo
preso per lui.
La prova del 9, è stata la prova del cibo. Ha bevuto un po’,
ma non ha toccato cibo.
“Diamogli tempo. Muoviamoci con discrezione.”, ho condiviso
questo pensiero con la mia famiglia.
Quel primo giorno, siamo stati attenti a tenere un livello
di energia abbastanza basso, senza parlare forte, senza muoverci troppo
rapidamente, senza fargli subire troppo contatto fisico magari indesiderato. E soprattutto,
senza forzare i suoi comportamenti.
Questo è un nodo fondamentale, perché quando le aspettative
si scontrano a muso duro con la realtà, le nostre emozioni frustrate spesso ci
spingono proprio a cercare di forzare i comportamenti: nulla di più contro-producente.
Bisogna solo imparare a dividere le due
cose: le nostre frustrazioni, dai bisogni profondi dell’altro. Cosa è più
opportuno tutelare?
REGOLA N° 1: CERCARE
DI ABBASSARE LO STATO DI ALLERTA ELEVATO.
Ma cosa si può fare, una volta intuita una tale
condizione?
Innanzitutto, come già accennato, garantire la prossimità
con la figura di accudimento
Nel caso di Akù, poiché sono stata io la figura di
riferimento al momento della separazione, mi sono offerta come vicinanza
fisica, quindi restavo vicina a lui con il mio corpo, e lasciavo che lui si
regolasse in base al suo bisogno.
Ora di sera, ha mostrato un fortissimo attaccamento a me,
richiedendo continuamente la mia vicinanza: questo ci ha raccontato quanto bisogno
di conforto e di sicurezza avesse. Questo comportamento è proseguito in
maniera importante per quasi un paio di settimane.
Ci vuole molto rispetto e pazienza, nell’affrontare questa
fase iniziale. Ma è davvero cruciale.
Colmare un vero bisogno, un bisogno profondo, è l’unica
strada che permette di evolvere in modo positivo.
Durante questo periodo, possiamo metterci nell’ottica di ignorare
il comportamento: non porvi eccessiva attenzione, non rimarcare, non
forzare la mano.
Dobbiamo trasmettere una sensazione di rispetto di tempi
e modalità, perché questo significa in un linguaggio più profondo: io ti
accetto così come sei.
Eviterei quindi in questa fase le richieste dirette. Tendenzialmente
infatti – in tal caso – verrebbero rifiutate (per il momento). Talvolta io uso
questa strategia come verifica, proprio per vedere a che punto siamo. Più il
bambino si oppone a una richiesta esterna, più comprendo che c’è ancora molto
da lavorare su allerta e fiducia.
Possiamo tuttavia continuare ad offrirci in modo
positivo, gentile, pacato… ma non invasivo, neanche a livello prossemico,
quindi non esagerare con la vicinanza fisica.
In caso di errore di valutazione, in ogni caso, basterà
rimanere vigili sul comportamento dell’altro: si avvicina o si allontana?
Riflettiamo il suo comportamento: se si gira o si allontana, aumentiamo la distanza.
Se si avvicina, mostriamoci lì.
E’ come un ballo di coppia, dove ci si può regolare e
correggere ad ogni passo, restando in presenza e in ascolto attivo.
Un’altra cosa che possiamo fare, da parte di chi vuole
conquistarsi la fiducia dell’altro, è offrire un aggancio emotivo: con un cagnolino, può essere un cibo
fortemente accattivante; con un bambino, può essere un gioco fortemente
interessante.
Ho imparato dalla mia esperienza, anche una tecnica molto
pragmatica ma utile sia con i cuccioli di cane che con i cuccioli di uomo: mostrarsi
utilirispetto ai bisogni molto concreti, perché questo significa in
un linguaggio più profondo: io colgo ciò che ti occorre per stare bene.
D’altronde i bambini e gli animali sono quanto di più
concreto esista.
Acqua per la sete, buon cibo per la fame, soluzioni pratiche,
afferrare un oggetto troppo lontano, prendere in braccio per raggiungere qualcosa,
svitare un tappo, consegnare qualcosa che serve in quel momento…
Spesso, un altro atteggiamento che crea fiducia è la nostra capacità di attendere in caso di non-azione o in mancanza di scambio reciproco, restando in relazione, perché questo significa in un linguaggio più profondo: sono lo stesso qui per te, e quando vorrai io ci sono.
Eventualmente – in caso di forte inibizione – posso iniziare
in autonomia a fare qualcosa di interessante a media distanza. L’obiettivo è
ottenere la partecipazione spontanea e infine la collaborazione.
Comunque vada, per quanto possa preoccuparci o frustrarci un comportamento inibito, mai sgridare, punire o umiliare, o peggio far sentire in colpa.
Lo stato di allerta, è davvero una condizione mentale, psichica
ed emotiva, che impedisce tante altre funzioni.
Quindi, se senza giudizio, ci occupiamo soltanto di
recuperare questa condizione, conquistandoci pazientemente la fiducia del
cucciolo, allora a un certo punto, la relazione diventa fruttuosa e
permette quello scambio, quell’apertura, che porta all’evoluzione
comportamentale e cognitiva.
Quando si capisce che lo stato di allerta si è abbassato?
Il cucciolo diventa più attivo. Inizia a esplorare e
addirittura diventa propositivo: proporrà lui stesso un’interazione di gioco,
di lotta o di coccole.
Accetterà di buon grado il cibo, e diventerà sempre più autonomo nelle sue faccende.
Accetterà anche ciò che di altro arriva da quella nuova figura, in termini di proposte e richieste. I SI supereranno i NO.
Non avrà più bisogno di una prossimità costante dalla figura
di riferimento.
In stanza di terapia, ad esempio, man mano che lo stato di
allerta di abbassa, si osserva che il bambino non considera ormai più di tanto
il genitore presente, senza più tornare continuamente da lui/lei. Infine sarà possibile
allontanare la figura di accudimento fino al tempo completo della seduta.
Un cagnolino invece, inizierà a fare i pisolini nei “suoi posti” anziché sotto i piedi del suo nuovo riferimento, o a giocare attivamente mentre questo è impegnato in altre faccende.
La conquista del gioco, dunque, è veramente un fenomeno fortemente
indicatore.
Un cucciolo o un bambino poco interessato al gioco in un
certo contesto, oppure un bambino poco motivato all’apprendimento, ci stanno
raccontando che c’è ancora quel problema di fondo: il bisogno di sicurezza non
ancora colmato.
Di chi è quindi la responsabilità di trovare una strada per
la serenità profonda dei cuccioli?
E cosa accade, se invece la figura accudente – che sia il
genitore (di sangue o di adozione) o l’educatore/insegnante o la terapista – non
se la prende questa responsabilità?
Per la mia esperienza, osservo che se così accade, il cucciolo
manifesta il proprio disagio con comportamenti disfunzionali.
La realtà dimostra, che un bisogno non colmato, si paleserà
sempre in qualche maniera particolare, più o meno bizzarra, più o meno
difficile.
La buona notizia, è che non è mai troppo tardi per colmare
un bisogno.
La domanda è: ce la prendiamo questa responsabilità?
Per la verità, a eccezione di pesci rossi, e di una piccola papera per un brevissimo tempo, un’ estate da bambina, non avevo mai avuto animali.
Sarà per questo, o sarà per il fatto che vivo in un appartamento senza giardino, non ho mai considerato di avere un animale. Ho sempre sognato di avere, oltre ad un compagno di Vita, almeno 3 figlioletti, e più o meno basta.
Ma poi la
Vita va come deve andare invece.
E quando la
lasci scorrere, può succedere che ti sorprendi a prendere delle decisioni, anzi…
a sentire delle decisioni, che non avresti mai pensato. Decisioni di pancia,
che sai essere giuste, perché lo senti dentro di te.
E proprio così
è arrivato AKU’ nella vita della mia famiglia. Un paio di kg di barboncino,
soffice come la lana.
E noi l’abbiamo accolto, senza troppe ragioni, senza troppi perché, senza troppi ma, senza troppi se. Abbiamo lasciato fluire questo nuovo arrivo.
E così, oggi,
abbiamo un dolcissimo cagnolino.
Prima di
andare a prenderlo, ho parlato con la veterinaria e le ho esternato le mie
preoccupazioni in merito alla mia adeguatezza rispetto a questo ruolo: io mi
occupo di bambini nella vita, e sono una mamma, ma non so nulla di cani.
(Certo, appena ho preso questa decisione, ho fatto quello che faccio sempre: ho iniziato subito a documentarmi sui bisogni fondamentali dei cani e intanto qualche prima strategia amorevole per iniziare a crescerlo ed educarlo. Un nuovo mondo si è spalancato davanti a me.)
La veterinaria mi ha rassicurata: Se conosci i bambini, te la caverai benissimo. Comportati più o meno come faresti con uno dei tuoi bambini.
Questo lo posso fare, ho pensato.
Akù vive con noi solo da 2 settimane, eppure sto già osservando incredibili somiglianze con il mondo dei bambini.
E sicuramente è chiarissima dentro di me la stessa convinzione: io non voglio addestrare il mio cane all’ obbedienza, io voglio conquistarmi il suo Rispetto e la sua Fiducia così che lui scelga di collaborare e seguire la mia guida. A volte impacciata, a volte buona, a volte in torto, ma sempre con amore.
E’ una strada più lunga, ma sicuramente più fruttuosa a lungo termine, e più felice.
Quella con il cane è una relazione diversa, ma è pur sempre una relazione a doppio senso.
E proprio per questo, ci sono tanti punti in comune.
Ho deciso che
mi appunterò tutte le lezioni che, da ora in poi, anche i cani hanno da insegnarmi,
oltre ai bambini.
Non si finisce mai di imparare, per chi lo desidera.
E’ così interessante, affascinante, tutto questo, non trovi anche tu?
Ai miei seminari faccio spesso questi classici esempi da spiaggia.
Con i figli piccoli, soprattutto tra i 2 e i 4 anni, le situazioni di scontro sono all’ordine del giorno.
I bambini a questa età iniziano a interagire e desiderare di interagire con i piccoli coetanei.
Spesso, a poco serve portare a ciascuno i propri attrezzi in modo che non litighino.
Perché i bambini a questa età (fino ai 6/7 anni circa) devono sperimentare una fase più forte di loro: la fase egocentrica.
A questa età TUTTO E’ MIO.
E quindi apriti oh cielo, quando un altro bambino si impossessa delle cose di un altro: l’uno si dispererà per l’immenso torto subìto, l’altro cercherà di reclamare una proprietà che in realtà non gli appartiene.
E i poveri genitori che fanno?
Quelli dell’uno, il più delle volte nel totale imbarazzo, si preoccuperanno della mancanza di generosità del proprio figlio, e magari lo obbligheranno a condividere, perchè non è bello mostrarsi egoisti.
Quelli dell’altro, cercheranno di capire come gestire la situazione, sperando magari che l’altro sia tollerante in modo da evitare il finimondo qualora dovessero togliere di mano il gioco al proprio bambino possessivo.
Verrebbe da chiedersi: chi ha ragione e chi ha torto nella disputa?
La sentenza è che: entrambi i bambini hanno ragione.
Innanzitutto cerchiamo di capire una cosa fondamentale:
E’ normale che un bambino di 2/4 anni non desideri condividere, il più delle volte.
Ed è normale che per un bambino di 2/4 anni, tutto sia “suo”.
Perchè?
Il bambino piccolo è egocentrico per natura, considera tutto suo e tutto-tutti a sua disposizione.
Crede e vuole essere il centro del mondo. A questa età sperimentano questa “illusione”.
Riguardo al tema della proprietà, è altrettanto fondamentale che venga tutelata in questi anni.
Più lasciamo che – in questa precisa fase, il primo settennio di vita– vivano questa esperienza, rispettando al massimo questa fisiologica tappa dell’egocentrismo…. e – anche se sembra paradossale – meno egocentrici, egoisti e richiestivi resteranno da più grandi.
Vediamola cosi:
Un bisogno colmato sarà un bisogno “archiviato”.Se invece resta irrisolto, si protrae negli anni.
Questa illusione poi mano a mano con l’esperienza, viene ridimensionata.
Torniamo al nostro esempio da spiaggia.
Il bambino in questa fase pensa che tutto sia suo e gli sia dovuto: questo ci aiuta a comprendere il bambino “possessivo”
Il bambino in questa fase va tutelato rispetto alla proprietà: questo ci aiuta a comprendere il bambino “poco generoso”
Possiamo ora comprendere che entrambi i bambini si stanno comportando esattamente come la loro Natura gli suggerisce, quindi cominciamo intanto col NON giudicare nessuno dei due. Dovremmo perciò valutare di eliminare entrambe queste etichette: possessivo o poco generoso.
Dopodichè però, chiaramente, dobbiamo capire come intervenire, se necessario:
CON IL BAMBINO CHE NON VUOLE PRESTARE
Nel suo caso, concentriamoci sul tutelare il diritto fondamentale alla proprietà e alla scelta. Violare questo diritto turba profondamente i bambini, e oggettivamente hanno ragione. Quindi potremo dirgli ad esempio…
“Tesoro, hai ragione, è proprio tuo, assolutamente, il gioco è tuo e solo tuo. Tranquillo. Adesso lui/lei te lo ridà, non preoccuparti. Magari tra 5 minuti ti andrà di prestarglielo…”
E’ giusto che il bambino possa manipolare la realtà che gli spetta di diritto.
E sapete cosa potrebbe succedere a furia di tutelare la sua proprietà?
Venendo rassicurato nel profondo, quando avverte questa sicurezza, potrebbe spontaneamente concedere all’altro di utilizzare il suo gioco, o attivamente – offrendoglielo – o accettando il prestito, o non curandosene più. Perché il suo bisogno profondo è stato colmato.
CON IL BAMBINO CHE ARRAFFA
Dato che ha ragione dal canto suo, per contro è oggettivo che il gioco in questione non è di sua proprietà, dunque è qui che ha l’opportunità di confrontarsi con la realtà. La cosa importante è che il suo bisogno interno venga riconosciuto, e la sua emozione accettata. Quindi potremmo dirgli, ad esempio:
“Tesoro, capisco che questo gioco ti sta interessando molto, hai ragione è davvero bello, però in questo momento lui/lei non vuole prestartelo vedi? E il gioco è suo, quindi ora dobbiamo proprio ridarglielo. Magari tra 5 minuti proviamo a richiederglielo, ma adesso non vuole proprio, mi dispiace. Dai, daglielo tu… dai che ce la fai… ”
Come reagirà a questo punto?
Con ottime probabilità proseguirà con un pianto isterico. So che sembra banale la rinuncia ma per loro non lo è, per loro rimane un’insopportabile limitazione ai limiti dell’inaccettabilità. Comprendiamo questo per non sminuire o giudicare la sua emozione. Quello che possiamo fare è accoglierla….
“Eh lo so, è una gran scocciatura per te. Ti sta dispiacendo tanto lo capisco. Piangi, piangi pure… la mamma è qui, se vuoi ti faccio una coccola…” Magari si lascerà andare una coccola e poi… cambierà obiettivo.
Magari piangerà più a lungo: i bambini piccoli non sanno ancora gestire le loro emozioni. Non scomponetevi. Mantenetevi accoglienti e disponibili alla consolazione, tuttavia consapevoli che piano piano va bene che impari a sopportare questa frustrazione. Gli serve.
Infatti, imparare a sopportare la frustrazione, è una lezione fondamentale nella vita, perché limitazioni, ostacoli, problemi, arriveranno sempre, a qualunque età. Ed è bene impararlo già da piccoli, per non arrivare ad età più avanzate ancora impreparati….. proprio perché magari i genitori – nella difficoltà di gestire la situazione e soprattutto le emozioni scomode – hanno sempre tamponato o modificato a loro vantaggio la situazione, per evitare di fargli vivere a pieno il disagio.
La vera notizia è che i bambini possono affrontare il disagio, soprattutto se ci sono, nei loro genitori, 2 braccia affettuose e 2 cuori non giudicanti pronti ad accoglierlo.
La nostra stessa di convinzione di genitori, che nostro figliopuò farcelaa tollerare quel disagio, gli verrà trasmessa e contribuirà ad una crescita positiva.
Viceversa, i bambini rischiano di rimanere troppo a lungo nel loro “delirio di onnipotenza” =)))
I giochi e gli scontri sono i mezzi superficiali con i quali i bambini costruiscono le basi profonde della propria identità.
Se concediamo all’età giusta questi avvenimenti, tutelando questi diritti senza giudizio, costruiremo basi solide per farli evolvere in bambini sicuri e altruisti nelle età successive.
Se cerchiamo di vivere tutto questo in modo più neutro e positivo, vivremo senz’altro anche un’estate più serena. Impegnativa, ma serena.
Se fai fatica ad andare oltre l’idea del tablet o del cellulare come mezzo di intrattenimento durante i viaggi, questo articolo potrebbe darti qualche spunto in più.
Gli schermi infatti possono
tornare utili ma andrebbero usati in ogni caso a piccole dosi, ed inoltre non
tutti i bambini possono guardare uno schermo in auto senza che gli venga il mal
d’auto.
Oltre a ciò, l’idea è proprio quella di pensare ad un lungo viaggio non come una “mission impossible” ma come ad un tempo in cui condividere un tempo sereno anche di divertimento con i propri figli, senza tenerli isolati il più possibile come se non ci fosse altra possibilità.
Ricordiamoci che il nostro atteggiamento influenza anche il loro modo di pensare e di fare, quindi se pensiamo che il viaggio sarà una noia infinita e mettiamo in luce la nostra fatica e impazienza, i bambini rischiano di mettere in campo un atteggiamento straziante, oltre ogni sopportazione.
Se pensiamo davvero che non ci sia modo di condividere un tempo escludendo uno schermo… i bambini lo avvertiranno. Potrebbero smettere di cercare il nostro intrattenimento e la nostra relazione “abbandonandosi” agli schermi e chiudendo tutti i sensi, oppure potrebbero cercare di attirare la nostra attenzione magari in modo “disfunzionale” quindi diventando provocatori, capricciosi, oppositivi o aggressivi.
Quindi, ecco alcuni consigli
pratici.
Ovviamente un opzione molto
positiva è dialogare. E’ chiaro che
comunque i bambini sotto gli 8/9 anni hanno comunque bisogno anche di giocare.
Prima ancora di giocare, non
dimenticare la regola n.1: Non svegliare
il can che dorme.
Oltre alla speranza che alcune ore
siano effettivamente impiegate in un bel sonnellino (viaggiare di sera aiuta
sempre!) mi riferisco piuttosto a quel tempo in cui il bambino sembra “assorto”
nei suoi pensieri. In silenzio, guarda fuori dal finestrino, per un certo tempo.
Durante questo tempo, lasciamogli la sua intimità, senza sovrastarlo con altri
stimoli. Dato che i momenti di silenzio e di interiorità potrebbero essere
rari, è da considerarsi un momento prezioso, da rispettare. In pratica non coinvolgiamolo
finché non sarà lui a richiamare la nostra attenzione. Questo sicuramente
accade molto più difficilmente in caso di più figli nella stessa auto.
“Mamma, mi annoio!”
A questo punto cominciano le
nostre mosse da mamma – ninja.
Prima di partire con le nostre
proposte, tenterei sempre con lo stimolare un approccio mentale più pro-attivo.
In che modo? Attraverso la risorsa più importante che abbiamo per attivare la
ricerca di una risposta ad un problema: la
domanda.
Quindi potremmo chiedere, ad
esempio “Capisco, tranquillo ora ci
inventiamo qualcosa. Cosa ti va di fare?”
Se in tempo zero ti risponde “Non lo so!!!” invitiamolo a pensare
meglio a qualcosa: “D’accordo allora
prenditi qualche minuto per pensarci e lo stesso farò anche io. Dimmi appena ti
viene un’idea!”
Anche se hai già qualche idea in
mente, aspetta ugualmente che il bambino ci metta almeno un po’ di impegno e
sforzo mentale per uscire dalla situazione di noia. Potrebbe quindi accadere che:
Ipotesi A: Il bambino raccoglie la
sfida, fiducioso della possibilità di inventare qualcosa e dopo un po’ dirà: “ho
un ideaaaaaaaaaaaaaaaaa”, e nella speranza che sia realizzabile, sperimentatela
subito con gioia. Congratulatevi in ogni caso per aver portato il suo
contributo, per quanto bizzarro possa essere. Dopo la sua proposta, potete
condividere anche la vostra idea.
Ipotesi B: Il bambino mantiene un
atteggiamento passivo, continua a sbuffare e a quel punto difficilmente metterà
in campo le proprie doti creative. A quel punto, date voi il buon esempio:
offrite qualche spunto, cercando di aprire la sua mente all’esistenza di
possibilità di divertimento anche nel contesto statico, ma mantenete un
approccio guidato da domande, ad esempio: Giochiamo
con le parole? Oppure Giochiamo con
le mani?, oppure con qualche gioco specifico, o favola, che avremmo
furbamente preparato nello zainetto del viaggio, piuttosto che giochi musicali.
Questa domanda vuole appositamente
restare generica, nella speranza di costruire insieme l’idea più precisa.
Che giochi si possono fare con le parole?
Catena di
parole: a turno, pronunciare una
parola che inizi con l’ultima sillaba della parola espressa dal giocatore
precedente (non vale ripetere quelle già “uscite”) PANE – NERO – ROTTO –
TOMBOLA…
Un treno
carico di… : scegliere una sillaba
(es. MA) oppure un fonema (es. M) e a turno tirare fuori una alla volta tutte
le parole che vengono in mente che iniziano con quel suono.
Amici di
Rima: scegliere un suono finale di
parola (es. ELLA, ETTA, OTTO, ELLO) e a turno tirare fuori una alla volta tutte
le parole che vengono in mente che finiscono con quel suono.
Bomba.
Decidere una categoria (es. mare, scuola, cucina, parco-giochi, supermercato) e
far partire col cellulare un timer (es. 4 minuti… 2 se i figli sono più
grandini quindi più rapidi nel ragionamento) e a turno rievocare una parola
relativa a quello specifico contesto. Quando suona il timer, che corrisponde
alla “bomba”, la persona in quel momento in turno, si procura un punto di
penalità. Vincerà alla fine dei conti la persona che ha accumulato meno punti
di penalità.
Telefono
senza fili: se possibile, nella famiglie più numerose, bisbigliarsi nell’orecchio
una parola, a giro. Alla fine del giro scoprire se la parola trasmessa è la
stessa messa in circolazione inizialmente.
Gli
indovinelli: farsi reciprocamente degli indovinelli. Aiutare il bambino a
ragionare ed esprimersi per categorie e caratteristiche più precise: “è un
animale, che…”
Lettere invisibili:
disegnare sul palmo della mano una letterina: il bambino deve indovinare qual
è, ovviamente senza guardare.
Che giochi si possono fare con gli occhi?
Con i miei occhietti vedo…: proseguire l’indovinello aggiungendo informazioni che riguardano il colore, la forma o altre caratteristiche visive, di modo che l’altro possa indovinare quanto abbiamo osservato fuori dal finestrino. Proseguire facendo giocare a turno tutti i componenti del viaggio.
Che cos’è?: procurandosi carta e penna o lavagnetta, disegnare qualcosa al bambino, che deve indovinare. Se l’attività di disegno non interferisce con il mal di auto, fare scambio di ruolo quindi far disegnare il bambino e tentare di indovinare.
Che giochi si possono fare con le mani?
Carta-Forbice-Sasso: classico morra cinese, quindi carta = mano aperta, forbice = indice e medio estese, le altre dita chiuse, sasso = mano chiusa a pugno. Carta vince su sasso ma perde con la forbice. Forbice vince su carta ma perde contro il sasso. Il sasso vince sulla forbice ma perde contro il foglio. I segni uguali si considerano in parità.
UNO modificato versione 1: con le carte da Unoper un paio di colori scegliere una mossa corrispondente ad esempio: verde = batti le mani; rosso = toccati il naso. Gli altri 2 = immobilità. Mischiare quindi le carte senza le carte speciali e proporre in sequenza una dopo l’altra le carte. Ogni volta, in base al colore uscito, il bambino guarda la carta e procede ad eseguire la mossa o restare immobile secondo quanto stabilito.
UNO modificato versione 2: con le carte da Uno, mischiare le carte senza le carte speciali e proporre in sequenza una dopo l’altra le carte. Al bambino si chiederà di guardare la carta del mazzo uscita, e di denominare il “Colore!” oppure il “Numero!”, oppure il “Colore in inglese!” oppure “Numero in inglese!”. Cambiare la consegna dopo alcune carte proposte: il bambino dovrà essere pronto ad adattarsi alla nuova consegna!
Ascoltare un suono creato dall’altro (es. 2 battiti di mano) e ripetere. Man mano aumentare la difficoltà (sequenza es. 2 battiti di mano-pausa-1 battito)
Il canzoniere : che canzone è?
Che giochi si possono infilare nello zainetto, per tenere attivo il cervellino?
Essere o non essere? (portare con sè anche solo le carte, eventualmente il cerchietto): Attraverso le domande, il bambino dovrà comprendere di cosa si tratta la carta pescata dall’altro. Aiutare il bambino a ragionare ed esprimersi per categorie. Potrà quindi chiedere: “E’ un animale?” oppure “E’ un cibo?” o “E’ un oggetto?”. Una volta individuata la categoria generale, restringere il campo: “è un animale della savana?” oppure del cielo o della fattoria… e così via. Quando è il nostro turno di indovinare, porre le domande proprio in questo modo a imbuto.
Scopriamo il mondo: è un gioco con delle carte, che mostra la forma e il nome di ogni nazione, la sua capitale e la sua bandiera. Potete divertirvi a guardare e scoprire… cos’è? Lo sai come si chiama…?
Tris magnetico: un grande classico, ma grazie alla caratteristica magnetica, bypassiamo il problema di scrivere in macchina!
Enigmistica (consiglio anche i materiali Erickson impostati per l’età specifica): mamma legge e i bambini rispondono!
Gioco di ordinamento: questo è un gioco che adoro, e lo ritengo adatto perché non ci sono pezzi che cadono, sono tutti incastrati e vanno quindi semplicemente spostati. Ovviamente eviterei di usare le finezze del porta carta e della clessidra, che non sono sicuramente indispensabili (anzi la clessidra mette fin troppa pressione :-)) . Basta estrarre una carta dal vano sotto e metterla in un punto visibile per poi giocare a spostare i blocchi fino a riprodurre lo schema proposto dalla carta! Questo gioco molto stimolante per il cervello piacerà non solo ai bambini ma anche ai genitori! Non è semplicissimo, questo va detto (è un gioco che allena le funzioni esecutive, quindi programmazione, previsione, autocorrezione…) ma il viaggio potrebbe proprio essere un contesto in cui prendersi più tempo del solito per risolvere l’enigma!
Lasciate in qualunque momento spazio alla creatività e alla propositività del bambino!
Arriva il momento, a volte, di lasciare che il tuo bambino viva un’ esperienza da solo.
Magari restare con i nonni in vacanza da solo per un po’ di
giorni.
La prima volta, è un’esperienza forte sia per il bambino sia
per i genitori. Giusta, ma forte.
Non tutti i bambini sono uguali.
Quelli più sensibili, o più insicuri, potrebbero meritare
qualche delicatezza in più.
Potrebbero mostrare segni di “ansia anticipatrice” nei momenti o giorni prima della partenza dei genitori.
“E se poi mi manchi?” potrebbero chiederti con quegli occhioni.
Questo pensiero potrebbe sinceramente preoccuparli.
Può essere una buona occasione, quella di rassicurarli sulle
loro emozioni.
Ricordando loro che le loro emozioni vanno in ogni caso benissimo. Va tutto bene.
E rassicurando che se dovesse succedere, si potrà ricordare sia che i cuori dei genitori e il loro, sono sempre in contatto, sia che le emozioni sono come un onda del mare, che sale sale sale…e poi scende scende scende. E che quindi potrà sicuramente farcela, senza dubbio.
Oltre alle parole rassicuranti, potrebbe essere carino anche creare qualcosa di concreto, a cui attribuire un piccolo potere magico. In caso di bisogno.
Questo sapere, nel bambino, che “in caso di bisogno” può attingere a qualcosa di fisico, può aiutarlo a placare la sua ansia e farsi coraggio per superare il piccolo momento di emergenza.
Laddove poi dovesse servire durante il periodo, ricordarsi
di usarlo!
Può essere un disegno fatto per l’occasione, una fotografia
scattata dal bambino, qualche oggetto di particolare significato…
Io quest’anno, a mio figlio, ho preparato un ANTIDOTO. La mia era una letterina piena di “parole magiche”, cioè parole di accoglienza dell’emozione, e parole potenzianti che gli trasmettessero amore e fiducia in sè stesso. Ma ovviamente ognuno potrebbe creare il proprio “antidoto” in base alla propria creatività.
Non so se gli servirà, ma in ognuno dei casi, alla fine, il
coraggio e la fiducia in sé stesso, sarà aumentata.
Un altro modo di gestire l’ eventuale ansia da attesa, è quello di riportare nero su bianco lo scorrere del tempo. Prendendo spunto dal senso del calendario dell’avvento, per esempio, si può creare insieme al bambino un piccolo CALENDARIETTO.
Ogni “casella” rappresenterà ogni giorno da trascorrere lontani: ad esempio il bambino dovrà quindi quotidianamente segnare con una “X” o colorarla, la casellina del giorno.
Se si prevedono piccoli doni con una certa frequenza in caso di assenze prolungate (nel caso potete predisporli in segreto con i nonni prima della vostra dipartita), si può segnare sul giorno anche l’icona del dono. Il bambino aiuterà sicuramente i nonni a ricordare che si tratta del “giorno del regalino”!
In questi casi particolari di separazione, un piccolo dono materiale potrebbe un pochino allietare la mancanza. Ovviamente non è indispensabile. E comunque sicuramente, non è consigliabile esagerare con la generosità.
Non ha infatti un senso di premio, ma di piccola coccola “extra”! Ed inoltre, è utile scegliere a tal proposito un gioco utile o carino da fare con chi se ne occuperà, per inserire un elemento di novità e interesse nelle giornate.
Rispetto alle TELEFONATE, valutare in base al bambino:
Ci sarà quello che gradirà serenamente le video-chiamate o le chiamate.
Ci sarà quello che potrebbe rattristarsi o emozionarsi particolarmente nel rivedere l’affezionato volto di mamma e papà, oppure lo sfondo di casa, e queste immagini potrebbero evocare eccessiva nostalgia. In questo caso prediligere le telefonate normali. Come si dice “Occhio non vede, cuore non duole”.
Ci sarà quello che farà fatica a gestire anche le telefonate normali.
Cercare di comprendere le reazioni del bambino, e scegliere una modalità ed anche una frequenza che non lo scombussoli eccessivamente. A proposito di frequenza, per alcuni i bambini sentirsi tutti i giorni può essere decisamente troppo.
Un altro piccolo modo per far sentire la presenza ma in modo meno intenso, può essere inviare ogni tanto (magari soprattutto nei giorni in cui non vi sentirete) tramite la chat whatsapp con la nonna, delle gif animate carine: alcune possono essere semplicemente divertenti oppure altre affettuose. Il bambino potrebbe sorridere e divertirsi con quel poco, ma allo stesso tempo godrà di un piccolo contatto perché una parte inconscia potrebbe sentirsi pensata e amata grazie al “messaggino” a sorpresa. Un contatto soft di questo tipo non dovrebbe nemmeno destabilizzare troppo.
Rimanere in ascolto quindi, per percepire la soluzione più adatta per il proprio bambino.
Incentrare le telefonate sul racconto spontaneo del bambino, portando la nostra attenzione su quello che lui ci “porta”, cioè su quello che in quel momento per lui è importante, anche se a noi può sembrare un argomento insignificante.
Se non è lui a chiedere a proposito del nostro ritorno, o ad esprimere il suo sentimento per primo, eviterei di tornare noi sul tema “mi manchi”. Viviamocelo nel nostro cuore, senza trascinarlo nella nostalgia.
Se addirittura, in un certo momento il bambino non ha voglia di parlare con noi perché catturato da qualche gioco o situazione, non prendiamola assolutamente sul personale e lasciamo che sia.
Finché il bambino è sereno, possiamo restare sereni anche
noi.
Joe Vitale, ha scritto anche The miracle. I sei passi verso l’illuminazione , che contiene guide, meditazioni, esercizi, risorse, storie e molto altro ancora. Devi solo scegliere quale processo senti maggiormente in risonanza con te stesso e nella situazione in cui ti trovi .
In Italia, esiste una splendida formatrice (l’unica degli insegnanti del metodo Louise Hay “chez nous”), tanto da essere stata definita dai media la “Louise Hay Italiana”! Tutta un’altra vita® è il nome del suo metodo. Il suo nome è Lucia Giovannini, e con i suoi corsi e suoi libri ha aiutato migliaia di persone, grazie ai suoi stimoli e insegnamenti circa la paura, l’autostima e i propri sogni! I suoi, di best seller, sono: Tutta un’altra Vita e Mi merito il meglio. Ha scritto anche Libera la tua Vitae Crea la vita che vuoi, Il potere delle domande, e Il potere del pensiero femminile.
Non si limita solo a scrivere, ma in Italia e nel mondo conduce anche corsi trasformazionali.
Altro tema direttamente collegato al benessere è quello dello stress. Terenzio Traisci, psicologo e formatore esperto proprio nella gestione dello stress, apparso anche in molte trasmissioni radiofoniche. Uno dei suoi libri molto conosciuti è Felicemente Stressati. Ha scritto anche Tutto il bene che mi voglio. Breve corso di amor proprio. Terenzio aiuta le persone a creare uno stato d’animo positivo che sia quasi auto-indotto, qualcosa a cui accedere intenzionalmente quando ne abbiamo bisogno.
Oltre a libri e manuali, esiste una altra forma di scrittura per aiutarci a capire e a trasformarci, in maniera meno razionale. Ho adorato e sono legatissima a 2 piccoli libri di velocissima lettura ma davvero trasformazionali (per chi ha i canali aperti), che utilizzano una storia, che parla di 2 topolini e di formaggio: sto parlando ovviamente dei libri di Spencer Johnson: Chi ha spostato il mio formaggio? e Chi ha spostato il mio formaggio? Il seguito.